“Padrona e Schiava” del teatro, lei definisce il Franco Parenti “una fabbrica infinita: convegni, libri, concerti”. Come imprenditrice, il teatro e, più genericamente, la cultura, sono da considerarsi (anche) come aziende? Viene riconosciuto al suo mondo la dignità dovuta a chi partecipa in questo modo all’arricchimento (economico e non) del Paese?
Ho potuto verificare sulla mia pelle che fare l’artista, il creativo come si dice, cioè rompere delle regole per crearne delle nuove, far nascere qualcosa che prima non esisteva è molto più interessante e, secondo me molto più importante, se si ha la consapevolezza di far parte di un’impresa. Noi facciamo lavorare tantissima gente, in un’impresa come un teatro qualsiasi cosa è creativa.
Quando siamo imprenditori e facciamo vivere il palcoscenico siamo più bravi di qualsiasi manager. Questo, però, non viene riconosciuto perché c’è sempre l’idea che un artista è una zona a sé. La parola azienda sembrerebbe riduttiva per degli artisti ma invece non lo è. È un’impresa, è un’azienda che dà da lavorare a tanta gente, molto di più di quanto il pubblico ne sia consapevole: stampiamo dei manifesti (attività che coinvolge tipografie e grafici), poi facciamo dei costumi, chi produce stoffa, le sarte, la falegnameria. Per fare una battuta, anche chi produce semplici chiodi…è un giro economico gigantesco. Questo purtroppo non viene riconosciuto; così come non viene mai riconosciuto che qualsiasi artista che sa produrre e sa prodursi dovrebbe essere protetto. La Francia, ad esempio, ha delle categorie che sono un po’ più protette, Un artista può trovare chi si occuperà di lui. Qui in Italia, invece, un artista si occupa di sé.
Le istituzioni potrebbero fare di più (e, come si nota, non è una domanda). Quello che le chiediamo è “Cosa”, “Come”, e soprattutto “Perché” le istituzioni e i territori dovrebbero fare di più?
Si deve cominciare dalle scuole, si deve smettere di dividere in campi separati la cultura letteraria da quella scientifica, il manager di un’azienda di bulloni da chi porta avanti un teatro, un museo o qualsiasi attività di questo genere. Non credo che la situazione cambierà e sapete perché non cambierà? Perché noi andiamo avanti lo stesso a farlo. Gli artisti veri hanno una tale necessità di fare quello che fanno che non aspettano di essere o riconosciuti o chiamati. Però ci si stanca molto e forse un po’ meno stanchezza permetterebbe di produrre meglio e di più.
Avvento del digitale: opportunità o minaccia?
Il nostro teatro ha una quantità di persone che, assistendo ad uno spettacolo teatrale, condividono attraverso i social questo loro piacere e le sensazioni che hanno avuto. I giovani, in particolare, “postano” tantissimo. Non credevo fosse così ma questo crea un’eco al fatto fisico, non lo sostituiscono. E questa eco si ripercuote a sua volta sul teatro stesso, attirando ancora più persone, per cui bene!
Infine avremmo il piacere di chiederle una frase o uno slogan, di sua invenzione, a supporto del progetto Italia Creativa
La bellezza dell’arte fa bene anche a quelli che pensano di chiuderla e relegarla dentro un museo.