Qual è il valore della creatività e della cultura in Italia e nel suo settore? Quale il ruolo del digitale?
Credo fermamente che l’industria creativa italiana sia in una fase nella quale possa cogliere un’opportunità straordinaria. Oggi il mondo chiede più creatività, i contenuti, qualunque essi siano, sono al centro della domanda di milioni di utenti in giro per il mondo, e la digitalizzazione ha consentito di arrivare più facilmente a consumatori, spettatori, ascoltatori, dovunque, velocemente, a costi più bassi, consentendo l’accesso anche a chi prima era tagliato fuori da questa industria. È un’industria che taglia tanti settori, e per Sky questi sono tanti. Le nostre produzioni vogliono e richiedono creatività nella scrittura, nella produzione video, nella musica, nella forma di distribuzione. Un esempio è quello del documentario realizzato per gli Uffizi in 4K/3D, dove non soltanto la bellezza della produzione è testimonianza della qualità delle persone, ma il modello distributivo nei cinema, nel mondo, è dimostrazione che l’industria può essere portata e provocata a generare una forma di redditività. Credo che perché questo accada occorra che ci sia il contesto per farlo.
Che cosa possono fare le istituzioni per supportare l’industria creativa?
I Paesi che storicamente sono stati ai vertici della creatività, come Gran Bretagna e Stati Uniti, sono Paesi nei quali i creativi sono liberi di operare in un contesto dove si influenzano tra di loro. Quindi abbiamo bisogno di meno regole, di maggiore supporto come i tax credit, già utilizzati, di un contesto che aiuti chi vuole operare a pensare in grande. L’esempio di Sky ci aiuta: prodotti come Gomorra e The Young Pope nascono pensando al mondo internazionale.
Infine avremmo il piacere di chiederle una frase o uno slogan, di sua invenzione, a supporto del progetto Italia Creativa
Credo che le due parole fondamentali per l’industria creativa italiana siano ambizione e libertà: sentirsi liberi di inventare ogni giorno qualcosa degno del nostro Paese.