Che ruolo riveste la creatività nel suo settore? Perché è importante nel suo lavoro quotidiano?
La creatività nel mio settore è il valore assoluto su cui si basano le opere che riusciamo a creare attraverso l’ingegno. Si parte sempre dalle idee, che possono nascere da un articolo di giornale, da un libro, da un fenomeno sociale, da un’idea originale dettata da pura fantasia o basata su temi attuali. Non ci sono limiti predeterminati all’azione creativa. Il mio lavoro di produttore mi consente di apprezzare da vicino come la creatività viva nella costruzione giornaliera di un film, seguito a 360 gradi in tutte le sue fasi. Dalla collaborazione in scrittura insieme agli sceneggiatori, al marketing parallelo che ci impone alcune scelte creative, all’ideazione di un cast, alle riprese, fino a tutta la post-produzione: ciascuna eccellenza creativa contribuisce a rendere il prodotto solido e concreto.
Parliamo allora di eccellenze. Quali sono i punti di forza (e di debolezza) più eclatanti del cinema nazionale?
Le eccellenze di casa nostra sono molte e hanno contribuito, di recente, ad accrescere il ruolo del cinema italiano nel panorama internazionale. Al Festival di Cannes 2015, ad esempio, l’Italia ha portato ben tre film in concorso. D’altra parte, non siamo in grado di esportare tanto quanto la Francia o altri Paesi. Parliamo un linguaggio “troppo italiano”. Vediamo invece arrivare in Italia ogni anno pellicole dei nostri cugini francesi, che sono in grado di conquistare un pubblico e appartengono a generi diversi. Basti pensare a commedie come “Benvenuti al Nord” o “Non sposate le mie figlie” o a fenomeni come “Quasi amici”. Per non parlare dei loro film d’azione o d’autore, che hanno conquistato il mercato mondiale negli ultimi anni.
Sempre a proposito di eccellenze, moltissimi riconoscimenti, fra premi e nomination, sono stati vinti dalle nostre professionalità tecniche nei più importanti concorsi cinematografici nazionali ed internazionali: Dante Ferretti per la scenografia, Maurizio Millenotti e Gabriella Pescucci per i costumi, Dante Spinotti e Vittorio Storaro per la fotografia e così via. Abbiamo una grande storia del cinema: siamo il paese straniero (esclusi gli Stati Uniti) che ha vinto più Oscar in tutte le categorie (non solo in quella per il miglior film straniero), considerando i successi degli italiani nella storia degli Oscar “tecnici”, da scenografia a costumi a fotografia, effetti digitali. La nostra cultura ha prodotto risorse umane che si sono dimostrate eccellenze del settore ai livelli massimi. Mi auguro che verranno nuove generazioni che potranno portare avanti il lavoro eccellente di queste risorse. Spero che stiano lasciando a qualcuno tutto il loro know-how e la loro sensibilità, affinché non scompaiano il giorno in cui non saranno più con noi.
Le nuove generazioni dunque, i giovani, veri destinatari di questo bagaglio di conoscenze: riescono a ritagliarsi il loro spazio nel suo settore?
Non molto, per loro non è semplice. Noi stessi fatichiamo a trovare nuove generazioni di artisti. Abbiamo accumulato un gap generazionale per cui un attore quarantenne interpreta ancora ruoli da trentenne. A quanto pare, non siamo in grado di costituire un nuovo star system. I registi di successo degli ultimi dieci anni hanno tutti quasi 50 anni; nello stesso periodo di tempo, Sydney Sibilia è stato uno dei pochi che a soli 30 anni hanno debuttato con un successo commerciale. Quando l’anno scorso abbiamo cambiato regista per il classico film di Natale, abbiamo selezionato un quarantenne che già scriveva con noi da un paio d’anni: la stampa lo descriveva come “molto giovane”. Segno evidente che questo non è un paese per giovani: lo si vede anche nella difficolta di leggere, nel cinema italiano, nuovi linguaggi originali. Non abbiamo né un nuovo linguaggio Pop, né altri linguaggi attuali che leggiamo invece in altri Paesi.
Come fare allora per recuperare questo nostro distacco? Può farci alcuni esempi di interventi mirati attuabili nel breve-medio termine?
Ci sono a mio avviso molte cose da cambiare. Innanzitutto, la nostra industria cinematografica non produce abbastanza prodotti per il pubblico. Tende infatti ad inseguire un po’ troppo i narcisismi degli autori, che antepongono la ricerca della loro espressione alle esigenze di pubblici diversi, che richiedono generi diversi. In questo siamo rimasti ancora all’età della pietra.
Altro grave problema è l’assenza di materie quali media e prodotti audiovisuali dai curricula delle scuole dell’obbligo. Siamo stati sanzionati per anni su questo tema dalla Corte Europea, ma a quanto pare colmeremo a breve questo gap. Investire nelle scuole ci permetterebbe di formare molte più risorse umane, ripartendo dalla base. Il Governo deve credere ed investire tante risorse proprio in quest’area, coinvolgendo in primis gli artisti di merito per poter insegnare alle nuove generazioni. Così si fa negli Stati Uniti, dove nelle università di cinema insegnano moltissimi premi Oscar e molti alti dirigenti dei grandi Studios. Questo accade a Los Angeles, che è la Roma del cinema in America, e a New York, che potrebbe essere la nostra Milano.
Infine, ed è l’elemento più importante, è necessario ingaggiare una battaglia spietata contro la pirateria. Il Governo negli ultimi anni si è mosso su questo tema, ma non ancora abbastanza da generare una sensibilità sufficiente nei consumatori: scaricare film ed opere intellettuali di qualsiasi genere non è percepito come un reato. Ci troviamo ai primi posti nel mondo per pirateria, un fenomeno che deruba alle casse del nostro cinema ingenti risorse ogni anno. La nostra politica non tutela abbastanza la nostra categoria in questo senso.
Qual è secondo lei la sfida principale che il suo settore dovrà affrontare?
Lo sviluppo di nuovi contenuti sarà una sfida di importanza cruciale. Le nuove tecnologie ridisegneranno la produzione dei contenuti, le modalità di distribuzione e di fruizione. Molte filiere dovranno ridimensionarsi o svilupparsi diversamente per poter sopravvivere. Le sale cinematografiche, ad esempio, faticheranno sempre di più se non distribuiranno eventi per cui il pubblico decida davvero di uscire di casa; già oggi vivono di contenuti alternativi, offrendo all’utente un palinsesto sempre diverso e dinamico.
Quali sono invece le opportunità da cogliere?
Lo sviluppo della banda larga ci permetterà di connettere un pubblico enorme come mai prima d’ora. Si tratta di un bacino di potenziali clienti da intrattenere con nuovi contenuti, dei quali aumenterà la richiesta. Andiamo verso un futuro in cui ciascuno creerà il proprio palinsesto attraverso lo schermo di un tablet o di uno smartphone. Soprattutto si abbatteranno certi confini di territori che prima sembravano invalicabili. Le nuove piattaforme digitali già oggi sono in grado di proporre un prodotto personalizzato in base alle preferenze dell’utente. Questo ci permetterà di sfruttare le nicchie di ogni genere, con una penetrazione fortissima. Ciò significa che un film italiano potrebbe essere visto da tutto quel pubblico fuori dall’Italia che ama il cinema italiano (sia il pubblico italiano che vive all’estero, sia il pubblico estero appassionato di film italiani): un territorio che ancora non è ben sviluppato.
Non ci sono limiti predeterminati all’azione creativa.
Luigi De Laurentiis