Sulla creatività e sulla cultura si dicono tantissime cose, spesso pronunciate da over 50. Qual è lo sguardo di un 26enne sul ruolo di questo settore nel nostro Paese?

La creatività spesso può essere intesa di pari passo con l’esperienza, perché è anche grazie alla cultura e alla vita stessa, alle esperienze che la creatività trova spazio e un terreno su cui attecchire. Credo anche però che la creatività di un giovane, pur non avendo un background di vissuto così ampio, possa allo stesso modo trovare uno sbocco, partendo dall’istinto e dalla sete continua di ricerca, magari più acerba, ma sicuramente piena di input.

La tua storia nasce da un fortunato incontro tra parti diverse dell’industria creativa: televisione e musica. Credi che faccia bene all’arte e alla creatività questa commistione di mondi? Cosa si potrebbe fare se ci fosse più dialogo tra i singoli settori (tv, musica, cinema, arte…)? Farebbe bene all’Italia un movimento creativo unitario?

Da ragazzo di 26 anni, cresciuto in piena ascesa della società globalizzata, dove popoli culture e società diverse si sono unite per dar vita a fusioni scientifiche, filosofiche, matematiche diverse, sono assolutamente favorevole alle commistioni tra le arti, visive e non. Il mio percorso nasce da un programma televisivo che ha permesso a me e alla mia musica di arrivare alla gente, magari con più velocità. Questo non ha sempre un’accezione positiva, anzi. Però è stato un modo, tra gli altri, di portare fuori ciò che faccio. È il dopo che poi serve per andare avanti. È di creatività che c’è bisogno appunto, almeno nel mio caso.

Tu sei l’artista che, provenendo da un talent, ha raggiunto i risultati più eclatanti. Ma se non ci fosse stato X-Factor, come avresti conseguito il successo? Da parte delle istituzioni, cosa avrebbe potuto aiutarti nel creare un terreno fertile per la tua crescita artistica e professionale?

X-Factor è stato una delle mie ultime mete, della serie “o la va o la spacca”. Mi ero già proposto a quasi tutte le case discografiche e che come potete immaginare avevano respinto la mia musica ed il mio look, con considerazioni che ho messo poi in un pezzo di un mio disco chiamato – come ti senti. Rimasi molto colpito da questi giudizi affrettati e da giovane quale ero, mi rimboccai le maniche e provai ad intraprendere un’altra strada sia con lo studio che con la musica e giunsi in quel freddo settembre datato 2009 sul palco di X-Factor. Se non ci fosse stato questo programma televisivo forse avrei continuato gli studi di lingue e letterature straniere, avrei riprovato per la seconda volta il test di architettura e sicuramente avrei continuato a fare musica, perché fare musica era un’esistenza e non un lavoro e basta.

Da solista adolescente a star di livello internazionale. Nuove avventure artistiche e nuovi compagni di viaggio. Quali professioni hai scoperto legate al mondo della musica di cui prima ignoravi l’esistenza (ingegneri del suono, stylist, anche semplicemente i runner)? Quali sono state le più preziose?

Devo dire che in adolescenza ho sempre fatto parte di gruppi musicali di vario genere, e in ognuno di essi non mi sono mai sentito un solista. Figure diverse che in piccolo facevano le veci di manager, stylist, fonico, costumista… Per quanto riguarda le tecnologie di registrazione, le tecniche audio, di mixaggio, già a 14 anni, dopo aver fatto il cameriere per tre o quattro estati, mi ero munito di mixer casse e software di registrazione per imparare, da autodidatta, un mestiere. Sentire bene era una mission, fin dall’inizio.

 

La tua musica nasce nell’era digitale. Come pensi che la tecnologia e le nuove forme di distribuzione del contenuto possano essere utili alla creatività?

Io acquisto ancora i vinili ma ascolto musica in digitale, mi piace creare playlist ad hoc e regalare album via web. Penso che oggi più di sempre sia fondamentale la tecnologia, per questo ho voluto creare un’applicazione gratuita, accessibile a tutti, dalla quale poter veicolare contenuti esclusivi. Un modo per essere più vicino alla gente, mantenendo sempre un rapporto sincero, attraverso la mia musica.

Dal 2009 a oggi hai visto il mondo della musica da una nuova prospettiva. Ci dici una cosa di cui ti sei innamorato e una cosa di cui avresti fatto volentieri a meno?

Sono convinto che tutto serva nella vita, nel bene e nel male. Perché sono proprio le esperienze negative ad arricchire e accrescere una persona. Mi dispiace quando vedo che la musica viene vista come mero business e non come vita. Io un po’ la odio, la musica, perché ne sono dipendente. E io odio le dipendenze.

C’è una solidarietà tra artisti, la voglia di fare squadra, il desiderio di muoversi insieme? Se c’è, quali benefici dà alla creatività? Se non c’è o non ce n’è abbastanza, quali benefici potrebbe dare?

Nella storia, almeno quella che ho studiato e divorato, le collaborazioni tra artisti o meglio tra background e mondi creativi diversi, hanno sempre prodotto delle cose eccezionali. Penso a Mina e Celentano ad esempio per l’Italia.

Mi capita di recente invece, in alcuni casi, di assistere a collaborazioni che sembrano un po’ forzate. Come se si volesse seguire una moda d’oltreoceano. Io personalmente ho sempre collaborato per accrescere le mie conoscenze e quindi avvicinarmi ad autori, musicisti che portassero alla mia musica un valore aggiunto. Spero di trovare nel mio cammino e nella mia ancora piccola carriera, qualcuno con il quale comporre scrivere e duettare, con naturalezza istinto e sincerità. Penso però che questo tipo di creatività abbia bisogno di tempo, di esperienza, di condivisione reale. Solidarietà tra artisti? credo ci sia e credo di averla sperimentata e sentita in prima persona. Al di là delle logiche di mercato.

Infine avremmo il piacere di chiederti una frase o uno slogan, di tua invenzione, a supporto del progetto Italia Creativa.

Non so se così su due piedi io sia in grado di creare uno slogan ma cito e modifico uno slogan di un politico cileno degli anni ‘70 Salvador Allende – essere giovani e non essere creativi è una contraddizione biologica- “essere giovani e non essere creativi è una contraddizione biologica”.

Essere giovani e non essere creativi è una contraddizione biologica.

Marco Mengoni