L’obiettivo dello studio è porre l’accento sul settore della cultura e creatività visto nel suo insieme. Secondo lei che ruolo ricopre la creatività e la cultura in Italia?
L’industria culturale creativa in generale rappresenta o dovrebbe rappresentare un asset strategico per il nostro Paese, così come per ogni democrazia evoluta.
E ciò non solo perché l’Italia è la patria di illustri artisti e poeti, ma anche per la stretta relazione, ormai acclarata, che sussiste tra il benessere culturale di una nazione, inteso come livello di scolarizzazione e consumi di prodotti culturali e il benessere economico, inteso come Prodotto Interno Lordo.
Occorre quindi che venga riconosciuto il valore culturale e strategico della nostra industria e che vengano adottate le necessarie misure a supporto, tutela e valorizzazione delle nostre attività.
Che cosa dovrebbe fare il Paese per supportare questo settore secondo lei? Cosa si può fare per sostenere e tutelare meglio le attività creative che alimentano e sostengono l’intera filiera?
Oggi in Italia sussistono diversi ostacoli che limitano tutti coloro che intendono investire in questo settore.
Si rendono quindi necessarie alcune misure strutturali, atte a colmare il gap con gli altri Paesi europei, prima fra tutte la regolamentazione e la tutela del Diritto d’Autore, inteso come il rapporto più ampio tra l’autore e la filiera di utilizzo dei contenuti.
Altrettanto improcrastinabile è la diffusione della Banda Larga, la cui carenza determina una penetrazione del mezzo internet di 10 punti percentuali inferiore rispetto alla media UE con evidenti ricadute sui conti economici degli operatori che non hanno potuto intercettare il flusso crescente degli investimenti digitali degli ultimi anni.
Occorrono inoltre interventi atti ad incentivare la ripartenza degli investimenti pubblicitari, sia mediante misure di agevolazione fiscale che genererebbero una spinta dei consumi interni, sia mediante una più equa ripartizione tra i vari mezzi, allineata a quanto avviene nel resto d’Europa.
Il digitale ha dato la possibilità di raggiungere più facilmente milioni di utenti e ha creato, anche nel suo settore, nuovi spazi per player esistenti e per nuovi player. Fiera Milano Media, a titolo esemplificativo, si dimostra capace di offrire servizi specializzati sia nel mondo offline, sia in quello online (vantando un database di utenti profilati di oltre 800 mila unità). Che ruolo gli attribuisce? E quali misure adotterebbe per promuoverne il corretto utilizzo?
L’affermazione di Internet con il conseguente “shock tecnologico” che ne è derivato, ha prodotto un effetto dirompente sui modelli di monetizzazione, in particolare quelli relativi all’industria musicale ed editoriale. I vecchi modelli di business – solidi, ma non più redditizi – lasciano il campo a nuovi modelli digital oriented – innovativi, ma non ancora solidi – determinando un marcato crollo del fatturato delle aziende.
Il paradosso del settore Media sta proprio in questo; l’informazione vive forse il suo momento più fulgido, con un’ampiezza di utenti, fonti e mezzi mai vista prima, mentre l’industria editoriale soffre di una crisi strutturale, con la crescita del fatturato digitale che non compensa la caduta di quello cartaceo, la difficoltà di adeguare competenze e organici alle mutate condizioni di mercato e nuovi player alle porte; dal 2000 al 2013 il peso dei soggetti “non editori” nella spartizione della torta pubblicitaria è passato dallo 0% al 17% ed è atteso al 27% entro il 2020.
In questo contesto le aziende del settore stanno faticosamente traguardando i propri portafogli e i propri modelli di business verso il “nuovo mondo” puntando sui valori più antichi: i contenuti di qualità e la conoscenza approfondita dei propri mercati.
Anche Fiera Milano Media è impegnata in questa transizione, che passa dalla costituzione di una digital audience significativa e dall’evoluzione dei database, da semplici indirizzari a strumenti di analisi comportamentale.
I nostri modelli di business viaggiano verso il “nuovo mondo” puntando sui valori più antichi: i contenuti di qualità e la conoscenza approfondita dei mercati.
Antonio Greco