Editore principalmente radiofonico, ma anche televisivo e discografico, speaker, già musicista ecc. Lei rappresenta un esempio concreto della sinergia che può scaturire da attività diverse in ambito creativo e culturale. Quanto c’è bisogno di fare sistema in questo contesto? Nello specifico, quali esperienze e “lesson learnt” del settore Radio lei pensa siano estendibili anche ad altri comparti dell’industria culturale e creativa?

Non necessariamente bisogna fare sistema, ma fondamentalmente è importante fare e creare, o meglio creare e poi fare, ovvero mettere in pratica ciò che si è creato. Ritengo che quello che viene fatto nella radio difficilmente possa essere estendibile anche ad altri comparti, poiché ci sono molti elementi di carattere tecnico e tecnologico che in altri settori non sono presenti. La parte tecnica e tecnologica del medium radiofonico è strutturale rispetto alla realizzazione del prodotto. Mi spiego meglio: se c’è l’idea di sviluppare un progetto creativo, lo stesso in moltissimi casi ha la necessità di un supporto tecnico/tecnologico che lo renda fattibile. Ciò nonostante alla base di tutto ci stanno le idee e le idee devono essere sempre nuove e a volte innovative.

Nel 2014 Radio Italia era quarta nella classifica delle radio più ascoltate in Italia. Direbbe che questo risultato è stato raggiunto nonostante o grazie alla scelta di trasmettere solo musica italiana? Quanto vede in questa linea di successo una prova della qualità della produzione musicale del nostro Paese? Quali le prospettive future?

È per il concetto che ho espresso nella risposta precedente che nel 1982, in un panorama radiofonico esclusivamente esterofilo, ho deciso di creare una radio che si occupasse solo di musica italiana: idea tutto sommato semplice, ma che nessuno prima aveva avuto o aveva avuto il coraggio di mettere in pratica. Quando ho cominciato a trasmettere con Radio Italia “solomusicaitaliana”, gli altri “editori” hanno pensato che io fossi pazzo e molti hanno immaginato che questa esperienza sarebbe terminata in breve tempo. Però dietro all’idea di trasmettere solo musica italiana, c’era il progetto di valorizzare qualcosa che in Italia avevamo da sempre e che è una delle caratteristiche culturali che ci distinguono nel mondo. La risposta avuta dagli ascoltatori è stata immediatamente positiva e ciò ha concesso a Radio Italia di crescere, di diventare una realtà importante ed essere un punto di riferimento anche per altre emittenti che hanno seguito questo percorso. Oggi immaginare che in Italia non si ascolti la musica italiana è semplicemente assurdo, ma per arrivare a questo risultato scontato sono serviti 32 anni di lavoro e uno staff di collaboratori di altissimo livello.

Quali sono secondo lei ad oggi i principali elementi di differenziazione, in positivo e negativo, del contesto italiano rispetto a realtà internazionali di sua conoscenza? Cosa si può fare per incrementare l’esportabilità del prodotto creativo e culturale italiano, radiofonico e musicale in particolare, ma non solo?

Non ho suggerimenti particolari per spingere e valorizzare di più l’arte e la creatività italiana, perché arte e creatività hanno già dato ampia dimostrazione di essere in tutto il mondo grandi e presenti. Alcuni esempi: la moda, la pittura, la scultura, il cibo, le auto di prestigio, il cinema. Non credo esista un’altra Nazione al mondo in grado di poter avere tutto ciò e ritengo che dobbiamo essere fieri di essere italiani.

Cosa suggerirebbe di fare per valorizzare i talenti nazionali e in particolare i giovani? Cosa possono fare le istituzioni per creare un contesto “favorevole” all’emergere di giovani artisti? Cosa gli operatori del settore? Cosa il sistema Paese in generale (pubblico, “formatori”, ecc.)?

Ai giovani l’unico consiglio che posso dare è quello di impegnarsi; una volta raggiunto un traguardo pensare sempre che è solo un altro punto di partenza; che non sempre si può avere successo e che non bisogna mai perdere la voglia di fare meglio. Per quanto riguarda le istituzioni: dare un contributo reale affinché i giovani e i non giovani possano avere delle risorse. Cosa che non è mai stata fatta in maniera seria. Agli operatori del settore consiglio di fare qualche passo indietro e di ricreare quelle strutture all’interno che oggi non ci sono più, relative ad un vero e proprio scouting alla ricerca di talenti e alla selezione. Perché non tutti sono cantanti, non tutti sono scrittori, non tutti sono artisti. Compito degli operatori di settore è: cercarli, trovarli e valorizzarli.

Infine avremmo il piacere di chiederle una frase o uno slogan, di sua invenzione, a supporto del progetto Italia Creativa

L’Italia è attiva se è creativa.

L’Italia è attiva se è creativa.

Mario Volanti